L’Europa corre ai ripari contro le bufale online: l’obiettivo è quello di arginare e combattere il fenomeno delle cosi dette “Fake News” a sostegno di un giornalismo veritiero e di qualità. Mariya Gabriel, la commissaria responsabile per l’Economia digitale, ha invitato tutti i soggetti coinvolti, in particolare siti internet e social network che hanno una chiara responsabilità (si riferisce forse a Facebook, Twitter, Google?), ad agire sulla base di un piano d’azione per un approccio europeo comune che consenta ai cittadini di reagire e di essere protetti in modo efficace dalla disinformazione. Di fatto le “Fake News“ sono diventate anche un mezzo che contrasta la Democrazia mondiale.
Sembra un po’ esagerato ma non è tale se si pensa che 18 paesi hanno utilizzato le “Bufale” per manipolare le campagne elettorali. Ma come si dovrebbe attuare questo controllo su internet? Sembrerebbe che la commissione europea metterà sul campo un “Codice etico” che tutte le piattaforme web dovranno seguire. Inoltre un gruppo di persone specializzato dovrà verificare nei prossimi mesi la veridicità delle notizie diffuse in rete. Il loro lavoro tratterà in definitiva di: ottenere maggior trasparenza sui messaggi pubblicitari di natura politica, ridurre i profitti di chi diffonde disinformazione online, restringere il numero di bersagli di propaganda politica e ancora favorire la scoperta di fonti di informazione diverse, chiudere gli account falsi e combattere il fenomeno dei cosiddetti bot automatici (computer che inondando la Rete di false informazioni o attaccano singoli utenti). Oltre a definirlo un lavoro titanico, mi verrebbe da chiedere come si possa mai attuare un’azione simile volta a ridurre i profitti di chi fa della disinformazione il proprio cavallo di battaglia: – “Cioè il modello di business dei giganti del Web è fondato sul numero di clic, che favorisce proprio i contenuti più drastici e controversi che attirano di più” come commenta Monique Goyens, direttore generale di Beuc, l’Associazione europea dei consumatori. Dubbi anche da parte di Ccia, l’Associazione internazionale delle industria tecnologica e della comunicazione. Maud Sacquet responsabile per l’Europa ha dichiarato: “Prendiamo molto sul serio la diffusione di disinformazione online. Tuttavia nella creazione del Codice si dovrà riconoscere che non c’è una soluzione unica per tutti. E siamo preoccupati che l’attuazione entro ottobre sia troppo affrettata”. Che dire, speriamo bene.